DESIDERARE LO SPIRITO DEL SIGNORE


DESIDERARE LO SPIRITO DEL SIGNORE

San Francesco d’Assisi non ha scritto trattati di preghiera, né si è preoccupato d’insegnare ai suoi frati un “metodo” di preghiera. E tuttavia fu guida sicura ed esempio vivente nel cammino con Dio. Il cuore dei suoi insegnamenti sulla preghiera e della sua esperienza personale è racchiuso in questa frase della Regola bollata (10,8: FF 104): (i frati) facciano attenzione che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo spirito del Signore e la sua santa operazione”.

La vita di preghiera, secondo san Francesco, è innanzitutto un desiderio profondo, una ricerca incessante dello Spirito del Signore e del suo agire dentro di noi: da soli saremmo incapaci persino di nominare degnamente Dio perché non sappiamo pregarlo come conviene. Per un cristiano, pregare non vuol dire unirsi a Gesù nella relazione con il Padre? Significa imparare a dire “Abbà”, e ciò non è possibile che per mezzo dello Spirito. E’ lo Spirito del Signore il grande iniziatore della vita di preghiera. Ecco perché è necessario desiderarlo sopra ogni cosa e lasciarlo agire in noi.

Francesco d’Assisi è pienamente consapevole che noi non siamo spontaneamente guidati dallo Spirito del Signore quali che siano le apparenze religiose e spirituali della nostra vita. Non basta dedicarsi ad una attività cosiddetta spirituale per possedere lo Spirito del Signore. Francesco pensa addirittura che si possa dare prova di sincero zelo per la preghiera, le mortificazioni, la vita missionaria, lo studio della Parola di Dio … e in tutto questo, anche inconsapevolmente essere guidati da tutt’altro che lo Spirito del Signore.

Egli perciò s’impena nelle sue Ammonizioni a consolidare i suoi frati nella verità; li aiuta a fare chiarezza in se stessi, insegna loro a discernere lo Spirito del Signore da ogni ispirazione umana e carnale. Il criterio che dà loro è semplice ed infallibile: il religioso che si turba e che si irrita per essere contraddetto o contrariato nei suoi disegni, per nobili che siano, dimostra d’essere preda d’appropriazione segreta di se stesso, di essere ripiegato su se stesso, dimostra, in breve, di ricercare se stesso. Costui intende mantenere per se stesso l’iniziativa della sua esistenza. Sotto l’apparenza virtuosa e spirituale, a sua insaputa, egli è guidato da tutt’altro che dallp Spirito del Signore. Come l’acqua intorbida dimostra di non essere pura, il turbamento e la collera dell’uomo rivelano allo stesso modo la non purezza del suo cuore. Il turbamento, l’irritazione, l’impazienza, l’aggressività tradiscono un’inclinazione possessiva fino nel profondo delle più alte aspirazioni dell’anima.

 La preghiera di un cuore puro

Come aprirsi allo Spirito del Signore? Come lasciarlo agire dentro di noi? Nella Ricerca del Santo Graal, alla fine dell’avventura, è il cavaliere dal cuore puro a raggiungere la contemplazione divina attraverso l’illuminazione dello Spirito. Per Francesco, nutrito da questa letteratura, al punto di chiamare i suoi primi frati “cavalieri della Tavola rotonda”, la ricerca dello Spirito del Signore è anch’essa un avventura che richiede innanzitutto un “cuore puro”. Ecco perché subito dopo aver esortato i suoi frati a desiderare lo Spirito del Signore sopra ogni cosa, egli li invita a “pregarlo sempre con cuore puro”. Il “cuore puro” è quello che conscio della propria povertà, si rivolge umilmente al Signore, riconosce che Egli solo è santo e in Lui trova la sua gioia, di modo che esso non torna più su se stesso. 

Il “cuore puro” è quello che conscio della propria povertà, si rivolge umilmente al Signore, riconosce che Egli solo è santo e in Lui trova la sua gioia, di modo che esso non torna più su se stesso. Egli è totalmente rivolto a Dio, non ha occhi che per lui, è abitato dalla gioia della lode. E’ veramente un cuore di povero. Esiste uno stretto legame tra il “cuore puro” e l’adorazione. “Veramente puri di cuore – dice Francesco – sono colore che … non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cure e animo puro” (Am 16, 2 : FF 165). Il “cuore puro” non si lascia separare dall’azione che lo esprime in pienezza, cioè l’adorazione.
A dire il vero. È attraverso l’adorazione che il cuore diventa puro, poiché in essa si svuota di sé, di tutto ciò che lo preoccupa, persino del pensiero della propria perfezione. Nel fare questo esso si apre allo Spirito del Signore. La purezza di cuore, secondo san Francesco, non è tanto una qualità morale, quanto piuttosto una profondità di accoglienza e di adorazione. Per il “cuore puro”, c’è Dio, lo splendore di Dio, la sua infinita santità, la sua gioia eterna e ciò è sufficiente. Questa disposizione è già l’opera dello Spirito del Signore nell’uomo.
Anche Francesco insiste, nel corso dei suoi Scritti, perché i suoi frati si volgano completamente al Signore e si dedichino con cuore puro all’adorazione:
“Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e mente pura, poiché egli stesso, ricercando questo sopra tutte le altre cose, disse: “I veri adoratori adoreranno il Padre nello Spirito e nella verità”. Tutti infatti quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino nello spirito della verità” (“Lf 19-20 : FF 187).
Particolare significativo: Francesco dice “nello spirito della verità”, anziché riprendere l’espressione giovannea “in Spirito e verità”, suggerendo quindi che solo lo Spirito che conosce Dio nella sua verità può permetterci di adorare con cuore puro.

Ma, nella santa carità, che è Dio prego tutti i frati, sia i ministri che gli altri, che allontanato ogni impedimento e messa da parte ogni preoccupazione e ogni affanno, in qualunque modo meglio possono, si impegnino a servire, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente purea, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose. E sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo” (Rnb 22, 26-27 : FF 60-61). 
Francesco non si accontentava di esortare i suoi frati all’adorazione, ma ne dava esempio per primo, interrompeva spesso i suoi giri apostolici per ritirarsi in solitudine e occuparsi unicamente di Dio. C’era in lui un bisogno di immersione in Dio.

Nell’orazione – scrive san Bonaventura – aveva imparato che la bramata presenza dello Spirito Santo si offre a quanti lo invocano con tanta maggior famigliarità quanto più lontani li trova dal frastuono dei mondani. Per questo cercava luoghi solitari, si recava nella solitudine e nelle chiese abbandonate a pregare di notte” (LegM 10,3 : FF 1179).

Le alte solitudini

Il suo itinerario spirituale è dunque costellato di luoghi appartati, talvolta selvaggi, ove fondò eremi: le Carceri, le Celle, Sant’Urbano, Poggio Bustone, Fonte Colombo, Greccio, La Verna …
Amava in modo particolare la solitudine dei monti.
Portava con sé due o tre confratelli e, giunto sulla montagna, non indugiava a contemplare il panorama spesso magnifico, ma si rifuggiava subito in una grotta. Racconta il Celano: “Nelle fenditure della roccia e nei nascondigli dei dirupi era la sua abitazione” (Ct 2,14; cfr. 1Cel 71 : FF 444).

Là egli si consegnava alla preghiera, “non di qualche minuto, o vuota, o pretenziosa, ma profondamente devota, umile e prolungata il più possibile. Se la iniziava la sera, a stento riusciva a staccarsene al mattino” (1Cel 71: FF 445), tanto che “non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (2Cel 95: FF 682). Trascorreva così lunghe settimane, talvolta mesi interi negli eremi, totalmente rivolto a Dio e consegnato al suo Spirito.

Cammino evangelico

Tuttavia, le alte solitudini non lo trattenevano all’infinito, perché lo Spirito del Signore lo riconduceva verso gli uomini, sui sentieri del vangelo. Per Francesco infatti la via della comunione con Dio era inseparabile da quella evangelica, alla squela di Cristo. Lo stesso Spirito del Signore lo conduceva sulle orme del Figlio di Dio.

Nell’intuizione del poverello c’è un legame stretto e indissolubile tra l’umile pratica evangelica e la più alta comunione mistica. E ciò che emerge chiaramente nella preghiera che innalza a Dio, per lui e per i suoi frati come conclusione nella sua Lettera a tutto l’Ordine:

“Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché,interiormente purificati interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito sSanto, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo e con l’aiuto della tua sola Grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni per tutti i secoli dei secoli. Amen” (Lord 50: FF233).

Questa breve preghiera costituisce da sola una sintesi di tutta la dottrina spirituale di Francesco: sotto l’azione dello Spirito Santo che lo purifica, lo illumina e lo accende d’amore, l’uomo intraprende il suo cammino sulle orme del Figlio diletto e giunge alla comunione con il Padre. La vita di preghiera, secondo san Francesco, è questo movimento dell’anima che, animata dallo Spirito del Signore, commina con Cristo, si lascia assimilare ed unire a lui e perciò entra in comunione con la beata Trinità.

Conversione evangelica ed esperienza mistica si fondono qui l’una nell’altra, sotto l’azione dello
spirito Santo. Parlando di coloro che vivono secondo lo spirito delle beatitudini evangeliche, nella pazienza, nell’umiltà, nel mutuo servizio, Francesco scrive:

“E tutti quelli e quelle che si comporteranno in questo modo, fino a quando faranno tali copse e persevereranno in esse fino alla fine, riposerà su di essi lo Spirito del Signore, ed egli ne farà sua abitazione e dimora. E saranno i figli del Padre celeste …” (2Lf 10, 48-40: FF 200).

Concedendoci di seguire le orme di Gesù e di scoprirlo nell’intimo, lo Spirito ci guida verso la conoscenza del Padre.

Eloi Leclerc, Francesco d’Assisi maestro di preghiera, Ed. Biblioteca Francescana, Milano, 1993.

 
E quelli che non sanno leggere, non si preoccupino d’impararare; ma facciano
attenzione che sopra ogni cosa devono desiderare di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nell’infermità, e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci accusano, poiché dice il Signore: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano; beati quelli che soffrono persecuzione a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. E chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo”.

Regola bollata, X, 8 : FF 104


In alto: Particolare del pavimento mosaicato della Cattedrale di Otranto (Lecce), databile intorno al 1165, in cui re Artù viene raffigurato a cavallo di una bestia con le corna e sembra affrontare un grande gatto. Il mosaico documenta la precoce diffusione delle leggende arturiane nell’Italia meridionale, forse portate dai crociati in partenza per l’Oriente. L’episodio della lotta con un gatto non compare in nessuna delle fonti letterarie del secolo XII che tramandano le storie di Artù, ma, curiosamente, ricorda il componimento di Guglielmo IX, Farai un vers, pos mi soneth.                         
                                     
Ad Otranto, poi, morì Ludovico di Turingia, marito di sant’Elisabetta, in procinto di partire per la Crociata. (m.s.)

ammissioni / testimonianze



domenica 25 Maggio 2008
 aula sant’Antonio: ammissioni e rinnovo della professione.            


Carla Pasquini ha inviato a Squilla questa lettera con la quale vuole condividere le proprie impressioni ad un anno dalla Professione. Grazie Carla per questa tua testimonianza.


Ad un anno dalla professione sento il desiderio di esprimere un grazie al “Signore” per il dono della chiamata e alla Fraternità per avermi aiutato ad abbracciare e a vivere tale vocazione.

E’ una scelta impegnativa, ma arricchente. Tale scelta richiede un continuo esercizio di amore, di impegno, di offerta e di preghiera.
Si intraprende un viaggio interiore che dovrebbe portare a scoprire la bellezza dello stare insieme in “Cristo”. E’ importante imparare sempre di più a fare spazio nella propria vita per poter meglio investire nel Fratello che ci sta accanto. Bisogna sentirsi uniti, ognuno con la propria esperienza, alla scelta di vita spirituale effettuata. Occorre imparare a dare il meglio di se ed a essere più sensibili.

La Fraternità deve in continuazione incarnare gesti di perdono reciproco, condividendo la gioia e le difficoltà dell’essere Fratelli in “Cristo Risorto”.

La preghiera deve permeare ogni nostra attività. Occorre pregare affinché il “Signore” agisse per mezzo di noi e consolidasse in noi il desiderio di voler realizzare ciò per cui “Lui” ci ha chiamato.

Negli incontri mensili dovrebbero rivalutare momenti di silenzio per prepararsi all’ascolto della “Parola” e all’ approfondimento del significato della nostra “Fede” con il nostro Padre assistente. Abbiamo vissuto momenti di festa sono stati una opportunità per approfondire i rapporti di amicizia, scoprendo lati di noi stessi e dei Fratelli che solitamente rimangono nascosti (i più belli ed autentici).

Grazie o “Signore” per il dono della seconda “Famiglia” che è riuscita a vivificare i miei più profondi desideri, rendendo più ampia e aperta la mia visione e più attento il mio sguardo. Con la sua semplicità è riuscita a far lievitare in me il desiderio di vivere sempre di più in funzione di Te.
 
O “Signore” dammi sempre il coraggio di testimoniare con gioia il profondo cambiamento che stai instancabilmente producendo in me, donandomi senza riserva la forza per dominare il mio cuore. La mia speranza è che la condivisione di momenti più o meno facili sia sempre alla base del nostro cammino verso il “Signore”.
 

MO.FRA: Un bisogno di Comunione dettato dallo Spirito



IN VIA POMPONIA GRECINA LA SEDE DEL MO.FRA  
“MOVIMENTO FRANCESCANO”
CHE RIUNISCE TUTTE LE FAMIGLIE FRANCESCANE

Il Movimento Francescano può essere considerato come il frutto dell'incontro, nel dialogo e nella preghiera, di oltre quattromila frati delle famiglie francescane (un “Capitolo delle stuoie” a tappe.
Tale “Capitolo delle stuoie” ebbe il suo momento di ideazione e di progettazione nell'incontro di Assisi dei Ministri provinciali delle tre famiglie del Primo Ordine e del Terz'Ordine regolare l'8 marzo 1972; si attuò quindi negli “ Incontri di vita e fraternità ” dei frati, che ebbero luogo ad Assisi in due cicli: settembre 1972 - marzo 1973; settembre 1973 - marzo 1974. ) che desideravano conoscersi per vivere insieme da fratelli, secondo il comandamento di Gesù e il “desiderio assiduo” di Francesco.
Guardando al passato, essi compresero che la pluri­formità, letta a volte come fattore di divisione, andava compresa come una grazia e una forza, perché favorisce la vita di ogni fa­miglia secondo i doni ricevuti dallo Spirito, nella fedeltà all'unico carisma vissuto da Francesco e Chiara. 
L'incontro produsse co­noscenza, la conoscenza favorì la fraternità, la fraternità creò il bisogno di collaborare per rendere un più significativo servizio alla Chiesa e alla società del nostro tempo.

Il Movimento Francescano non è dunque una realtà programmata a tavolino, e meno ancora il frutto di un momentaneo fer­vore, ma un impulso nato dall'ascolto dello Spirito e dal bisogno profondamente sentito (e sofferto) di tanti fratelli, desiderosi di uscire da un certo immobilismo e di vivere in maniera più “aperta” l'identità francescana. Vi è alla sua origine la convin­zione che solo in una visione positiva e accogliente della moltepli­cità delle forme di vita in cui storicamente si è realizzato il fran­cescanesimo è possibile cogliere e vivere l'inesauribile ricchezza dell'ispirazione francescana.

Il Movimento Francescano non è nato per creare una specie di “ghetto francescano”, ma per aprirsi to­talmente alla dimensione ecclesiale.Anche le Sorelle Clarisse, specialmente con la celebrazione dell'Ottavo Centenario di San Francesco (1982) e poi di Santa Chiara (1993), ebbero modo di tessere, nelle modalità consone alla loro condizione di contemplative, particolari rapporti di co­munione e anche di collaborazione.
Al1'iniziativa dei frati si unirono ben presto le Religiose che si ispirano all'ideale francescano, rappresentate in Italia da oltre settanta Istituti. Sospinte dagli stessi ideali e dalle stesse aspira­zioni e istanze dei fratelli del Primo Ordine, esse fondarono ad Assisi, nel 1973, il Movimento Religiose Francescane , allo scopo «di promuovere fra gli Istitutiaderenti una conoscenza reciproca più approfondita, una sincera fraternità e una collaborazione che permetta di vivere l'unità del carisma francescano nella moltepli­cità delle espressioni proprie di ciascun istituto».

I fratelli e le sorelle dell'Ordine Francescano Secolare si dimo­strarono poi il provvidenziale “volto secolare” di questo spirito di fraternità, diffuso capillarmente presso i numerosi francescani laici, e testimoniato nelle comunità cristiane.

Le celebrazioni centenarie dei nostri Fondatori hanno dunque fatto vivere alla famiglia francescana italiana una fortunata sta­gione di fraternità, di cui il Movimento Francescano è il frutto più bello. 

Al termine del grande Capitolo del Francescanesimo Ita­liano nell'anno centenario della nascita di San Francesco (1982) i Responsabili delle varie componenti francescane scrivevano in un documento finale che «il Movimento Francescano costituisce un dono inestimabile che il Signore ha fatto alla nostra generazione», e suggerivano alcune modalità per «raggiungere gli scopi che ci siamo proposti sul piano della conoscenza reciproca , della più stretta fraternità e collaborazione in vista di un migliore servizio alla Chiesa e alla società ». Queste parole indicano concisamente ma chiaramente le ragioni che hanno fatto sorgere il Movimento francescano.

DAL SITO UFFICIALE DEL Mo.Fra

NOTIZIE: CENSIMENTO E CARD D'APPARTENENZA ALL'OFS


Il Consiglio Nazionale ha istituito per tutti i professi Ofs una  “card” che rappresenta il documento di appartenenza all’Ordine. L’importanza di questa iniziativa che, oltre a fornire un segno “visibile” di appartenenza al nostro Ordine, consentirà un assetto organizzativo molto importante. 
A tal proposito sarà istituito anche un Registro che sarà consegnato direttamente da un membro del Consiglio Regionale ad ogni singola fraternità locale, in modo da poter chiarire meglio le modalità di compilazione del Registro ed il senso della “card”.


LINK OFS ITALIA
per saperne di più 


storia / P. IGNAZIO BESCHIN E GIUSEPPINA BERETTONI: "MAESTRI" IN SANTITA' DI VITA


P. Antonio Lunardi nella sua ricostruzione storica Fraternità O.F.S. Sant’Antonio di Padova – Un novantennio di vita (1890-1981), ricorda Giuseppina Berettoni: “Giuseppina entrò nel Terz’Ordine Francescano nel settembre 1894, all’età di 19 anni. Emise la professione della regola l’anno seguente. Nel 1922 venne eletta dal Consiglio maestra delle novizie”. Era allora Direttore del Terz’Ordine P. Ignazio Beschin, che nel 1919 era stato chiamato e preposto alla direzione delle Opere Antoniane e della Fraternità.
Che la scelta di Padre Ignazio cadesse su una Giuseppina diciannovenne ci indica quanto ancorché giovane fosse solida la sua preparazione e caratura spirituale.

Giovane e pieno d’entusiasmo, P. Ignazio Beschin comincia la sua azione di animazione con un omaggio a Benedetto XV: - in nome della Fraternità – in un'l’Italia che era appena uscita dalla Prima guerra mondiale, cui egli stesso aveva partecipato come soldato– si rivolse al Santo Padre illustrando l’opera a favore delle popolazioni dell’Europa Centrale stremate dalla fame e dalla miseria.
Furono anni di grande impulso, anche numerico, della Fraternità che si aggira sui 500-700 iscritti: “nonostante la scarsità delle fonti – nota ancora P. Lunardi - sappiamo che non fu un incremento solamente di vita esterna, ma anche interiore, ispirata da un forte spirito francescano”.


Già Definitore della Provincia del Veneto, noto per la sua profonda cultura nel campo della Teologia morale e del Diritto canonico, era stato chiamato a Roma dal Ministro generale dei frati minori P. Serafino Cimino con l'incarico di Vice-postulatore per le cause dei santi. Inizio sponte sua a scrivere la vita e poi pruomuovere la causa di P. Bernardino da Portogruaro - come nota p. Bernardino Barban (2) - "iniziativa grandiosa, che nessuno gli comandò, ma che egli s'impose, per la glorificazione di un gran Servo di Dio, sfruttando i ritagli del tempo libero". Sua è anche - tra l'altro - la partecipazione alla redazione della prima versione del Martirologio Francescano.

P. Ignazio Beschin, lasciò l’incarico di Direttore della Fraternità nel 1929, per poi ritornare nella sua Provincia religiosa - della quale divenne anche Ministro - e morì a Chiampo, in provincia di Vicenza, nel 1954 in concetto di santità.

marco stocchi, ofs
(1) Antonio Lunardi, , Fraternità OFS Sant'Antonio - pro manuscripto
(2) Bernardino Barban, Il P. Ignazio. Ricordo di una grande anima francescana, p 116, Cenacolo Francescano S. Antonio (Assisi)  Marietti Ed. (Torino-Roma), 1960


Roma - domenica 4 Maggio 2008

Incontro di Preghiera 
“COMUNIONE DELLA FAMIGLIA FRANCESCANA”

presso le Suore Cappuccine di clausura
di via Pomponia Grecina 31


Programma di massima:

Ore 15.30 – 16.00 Arrivi - Momento introduttivo
(con recita del Rosario)

Ore 16.00 – 17.00   Meditazione,
a cura di p. Carmine de Filippis
(Provinciale dei PP Cappuccini)

Ore 17.00 – 18.00  Adorazione Eucaristica

Ore 18.00 Vespri e S. Messa

Da confratelli dell’Equipe GPSC (Giustizia, Pace e Salvaguardia del creato) del  Ce.mi.Ofs, con la collaborazione di Giampiero Rosati e della Fraternità Immacolata Concezione e la guida di p. Carmine de Filippis, attuale ministro provinciale dei PP Cappuccini, è stato organizzato questo incontro di preghiera per rimettere al centro dimensione contemplativa del nostro impegno. Le clarisse cappuccine sono rimaste entusiaste della proposta e noi ne siamo onorati.

Nello scorso numero di
Squilla siamo già entrati in merito a questa iniziativa che spero raccolga anche l’attenzione e la partecipazione della nostra fraternità. Ci si può recare separatamente, ma se preferite potete contattarmi per comporre un gruppetto e andare insieme da sant’Antonio. (m.s.)

Mezzi pubblici:  metro B direzione Laurentina, fermata Garbatella, poi 200 metri a piedi lungo via Enrico Cravero - consultare "calcola percoso" su pagina ATAC di internet


MARCO STOCCHI – 347 7721328

Ricchezza francescana


 la grave e incombente
crisi alimentare mondiale:
ancora una volta,
sono i popoli più poveri
a risentire
delle scelte economiche 
 dei ricchi della terra


Pane al pane
Vino al vino

Come già avevano osservato i nostri Padri francescani - cfr Todeschini, Ricchezza francescana - le ricchezze tesaurizzate (usura, lusso ingiustificato, proprietà inutilizzate) e quelle rese improduttive dall’inerzia di chi le riceve (i miserabili) impediscono lo sviluppo e il benessere sociale, promuovendo invece la povertà.
G. Stella, nel suo “L’Orda, quando gli albanesi eravamo noi”, fa acutamente osservare come i nostri emigranti non si siano mai tirati indietro di fronte ad un lavoro imposto e spesso molto duro, fino a 14 ore al giorno in condizioni di grave disagio psicologico.
Nella passata generazione, quella dei nostri padri, durante la semina ed il raccolto i nostri contadini lavoravano - più liberamente dei primi in quanto soggetti al contratto di mezzadria, quindi non imposto - dall’alba al tramonto, affinché la terra donasse il maggior frutto. 
E’ proverbiale l’operosità dei Benedettini e, in generale quella degli Ordini religiosi. In questi ultimi casi, si tratta di un lavoro sempre più libero, perché affrontato gioiosamente da chi cerca attraverso il lavoro la propria santificazione. 
Anche Gesù afferma di “fare la volontà di Colui che mi ha mandato e di portare a compimento la Sua opera” (Gv.4,34) e per questa opera ha sopportato la morte in croce. Pure noi, se amiamo davvero i nostri fratelli, non possiamo tirarci indietro neanche di fronte al duro lavoro, sempre nella fiducia di giovare realmente al benessere del nostro prossimo.
Se avremo donato con gioia il nostro lavoro, questo sacrificio, benedetto dal Signore, non mancherà di produrre i suoi frutti, donando ricchezza e prosperità al nostro prossimo, come anche noi abbiamo ricevuto ricchezza e prosperità dalla precedente generazione che ci ha gratificato con il suo lavoro.
Viceversa, la continua richiesta di benessere e ricchezza, se non può essere soddisfatta nell’immediato dalle condizioni ambientali, produce miseria e povertà, come sta ora succedendo al nostro Paese dove contrattazione collettiva e interessi personali si sommano per far crescere la povertà.

* Carlo Gambino