Sant'Elisabetta d'Ungheria - Il sussidio del CiOFS




Il 15 novembre in occasione della festa di Sant'Elisabetta 
sono stati letti questi due brani 
che illuminano aspetti significativi della vita 
e della spiritualità della patrona dei Francescani Secolari.

Lettori: Giovanna Minutiello  e Alessandro Natalucci


Primo lettore:
Le sue dame di compagnia Guda e Isentrude professarono con lei, come pure due povere donne, Irmingard ed Elisabetta. Vissero insieme la loro vita di penitenza. Il Papa che canonizzò Elisabetta, Gregorio IX, scrisse: "Si rivestì con l’abito religioso, cui rimase sempre fedele, fino all’ultimo giorno, per celebrare in lei il mistero della Passione del Signore."
Dopo la morte del marito, Elisabetta poteva esprimere il suo desiderio di vivere in povertà. Ed amò la povertà così completamente da dire al suo confessore francescano, Fra Gerard, che le sarebbe piaciuto vivere completamente di elemosina, come i lebbrosi ed ospitò in casa un lebbroso finchè le fu vietato.
Elisabetta si dedicava alla vita attiva, marcata dalla carità e dalla compassione, ma non meno ad una vita di preghiera. Il suo confessore, Conrad di Marburg, disse di lei: "Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come raggi di sole."
Il significato della vita di penitenza è un continuo rivolgersi a Dio. E così rinunciamo al nostro uomo vecchio, all’egoismo e moriamo a noi stessi per vivere una nuova vita con Dio. Certamente Elisabetta visse questa vita di penitenza seriamente e cercò di morire completamente a se stessa e vivere per Dio. Ma lo fece vivendo nel mondo piuttosto che in una clausura. La vita nel mondo non dovrebbe smorzare la vita di preghiera e la preghiera costante è necessaria per mantenere il nostro rapporto con Dio quando ci troviamo dinanzi le distrazioni del mondo.
Elisabetta ci dimostra che la preghiera e la contemplazione sono possibili anche se siamo impegnati nella vita attiva. (pausa) - "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Luca 9,23).

Secondo lettore:
Conrad di Marburg il confessore di Elisabetta, le insegnò ad a seguire sempre i dettami della sua coscienza: - ed Ella lo fece quando rifiutò di mangiare il cibo proveniente dalle terre di suo marito, che era stato estorto ingiustamente ai poveri.
Lei sapeva che i poveri non hanno bisogno solamente della nostra compassione, ma anche di giustizia. Questo concetto di giustizia la condusse più tardi, dopo la morte del marito, quando perse terre e castello, a rifiutare il sostentamento che suo cognato, divenuto governatore della Turingia, le offrì. Lo fece - testimoniò la sua ancella Ermengarda, perchè - "perchè non volle ricevere il suo alimento da un atto di ladrocinio o tassando i poveri, pratica questa molto in uso nelle corti principesche."
Elisabetta fece tutto ciò che potè per preservare la dignità dei poveri con cui entrò in contatto: sapendo che spesso non hanno lenzuola con cui coprire i cadaveri, lei provvide per loro lenzuola della migliore qualità di lino e li preparò per essere degnamente sepolti, con le sue mani.
Capì che il diritto al lavoro è una delle cose che più promuove la dignità umana. Quando la carestia colpì la Turingia nel 1226, si assicurò che i tutti i poveri avessero non solo il cibo necessario, ma anche gli indumenti e gli strumenti necessari per poter lavorare e prepararsi per il nuovo raccolto.
In quel tempo, la vita delle future madri e dei loro figlioletti era spesso minacciata dalla povertà, come lo è oggi. Elisabetta si occupò delle mamme incinte, fece di tutto affinchè avessero cibo sufficiente, denaro ed indumenti per loro e per i loro bambini.
Elisabetta vide in ogni persona povera, malata o emarginata che incontrò un figlio di Dio, ed un fratello o sorella di Cristo. Per questo, ogni singola vita umana era preziosa per lei; ogni persona povera e disabile era per lei degna di rispetto, anche i bambini non nati. Come disse San Giacomo: "Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno, che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero (Giacomo 2,4-5) ".
La cultura di morte, oggi imperante, deve assolutamente imparare questa verità: - il riconoscimento della dignità umana esige da noi che agiamo non solo con chiarezza e compassione verso gli sfortunati di questo mondo, ma anche che difendiamo i loro diritti umani ed assicuriamo loro giustizia, compreso il diritto al lavoro. In questo Elisabetta ci è di esempio.


(logo tedesco)


Brani liberamente tratti dal sussidio del CIOFS
per l' VIII Centenario della nascita di Sant'Elisabetta
d'Ungheria o altrimenti nota come di Turingia
dove si trasferì fin da piccola promessa sposa a Ludovico
langravio di quelle terre.

SITO CON IL
SUSSIDIO COMPLETO


 
(logo ungherese)