CONOSCO CRISTO!!!



Chiunque abbia avuto la possibilità di contemplare un dipinto appena restaurato e riportato dopo un lungo, paziente e faticoso lavoro, alla primitiva bellezza, al colore originario, alle fattezze, all’immagine pensata e realizzata dall’artista, che sembrava perduta ed è stata invece ritrovata, può comprendere lo stupore che si prova quando ci si imbatte nella persona d’un santo che, come Francesco d’Assisi, riconduce la propria umanità al progetto iniziale, alla primitiva bellezza infusa nell’uomo dal creatore.


Non abbiamo forse nella nostra vita di cristiani, sia pure devoti, a volte l’impressione di essere dominati da forze che non riconosciamo come nostre, che ci trascinano, che non riusciamo pienamente a dominare?
E guardiamo ai santi che hanno vissuto in modo così radicalmente differente, non solo in maniera più intensa, ma “qualitativamente differente“ che senza rompere con la tradizione, hanno vissuto un’avventura vitale eroica, frutto di un’autentica rinascita interiore.
Quand’è l’ultima volta che ci siamo sentiti così forti, padroni di noi stessi, liberi, ad un passo dal cielo?
L’esperienza che nella vita somiglia di più a questi momenti, è quella dell’innamoramento, e ... sorpresa, i santi proprio questo sono, degli autentici innamorati, che l’amato portano fisso nel cuore, nella mente, negli occhi, in tutti i cinque sensi ed oltre. Ossessionati, rapiti, estatici, capaci di passare ore ed ore ad evocare il nome dell’amata, a desiderare la sua presenza, ad esaltarne la bellezza, utilizzando tutti i sinonimi possibili ed immaginabili, come nelle litanie del rosario, noiose per le anime sterili, ma preziosi gioielli di affetti e riconoscenza per chiunque abbia un cuore che arde di grazia e benedizione.


E’ per tale motivo, forse, che San Bonaventura si domanda perplesso: ”Chi potrebbe descrivere degnamente il fervore di carità che infiammava Francesco, amico dello sposo? Poiché egli, come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla fiamma dell’amore divino” (Leg.M 9,1).
Il fervore della carità è stato come l’alimento più fecondo che ha vivificato la sua umile esistenza.
“L’uomo pieno di Dio” (LegM 13,2) si lasciava avvolgere da fiamme di carità che si espandevano in un incendio inesausto, per cui egli divenne “ tutto assorbito nell’amore di Dio “ (Spec. 113): “Dal principio della sua conversione sino alla fine sempre crebbe, come fuoco, nell’ardore dell’amore…”


L’esperienza serafica di Francesco viene rivissuta e integrata dai primi compagni e futuri seguaci.
Le fonti storiche affermano che i primi francescani “erano unanimi nell’amare Dio e il prossimo“ e “tanto ardeva in essi il fuoco della carità, che avrebbero volentieri dato la vita l’uno per l’altro…” Contagiata da Francesco e dai compagni della prima ora, anche Chiara era “ ardente ed entusiasta nell’amore di Dio” (1Cel. 18)
Cristo è tutto per Francesco: è la sua sapienza e la sua vita. Prima di diventare una visione teologica in San Bonaventura e Duns Scoto, il cristocentrismo fu un’esperienza vissuta, esistenziale di Francesco. Non c’è tempo e bisogno di moltiplicare le citazioni.
Alla fine della vita, a un fratello che lo esortava a farsi leggere la Scrittura, Francesco rispondeva: “ Per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione. Non ne ho più bisogno figlio: conosco Cristo povero e crocifisso.”


Antonio Fasolo, ofs