In cammino
Manifesto scientifico della quinta edizione di Festival Francescano a cura di Suor Maria Gabriella Bortot, Remo Di Pinto OFS, Paolo Martinelli OFM capp, Francesco Patton OFM, Prospero Rivi OFM capp e Ugo Sartorio OFM conv.
Homo viator
Homo viator
Il festival francescano di quest’anno vuole fare riferimento alla metafora del cammino per descrivere la condizione esistenziale di ogni uomo e di ogni donna.
Siamo esseri in cammino. Non siamo mai «arrivati». La vita porta in sé l’insopprimibile desiderio dell’altro e dell’altrove. L’esistenza chiede di uscire dalla propria terra e dalle proprie misure; non bastiamo a noi stessi per essere noi stessi: «l’uomo supera infinitamente l’uomo» scrisse il filosofo Blaise Pascal. L’uomo in cammino rivela la sua condizione incompiuta. Solo uscendo da se stessi, mettendosi in cammino, si incontrano gli altri, si possono creare legami e scoprire appartenenze, antiche e nuove.
Tutto ciò ha una straordinaria conferma nella società contemporanea. Il nostro tempo, infatti, è caratterizzato da una inedita mobilità, non solo a causa dei grandi movimenti migratori che stanno ridisegnando la geografia dei nostri Paesi, ma anche perché l’accelerazione che la società contemporanea ha impresso alle relazioni e nelle attività sta mutando la percezione umana del tempo e dello spazio. In un certo senso siamo tutti in continuo movimento. Abitare il mondo vuol dire oggi semplicemente attraversarlo, andando sempre oltre.
Ma non tutti i cammini sono uguali.
- Esiste il passo del vagabondo, che vede come protagonista il camminatore senza meta e senza orientamento. Ci si muove, si lascia la propria casa, ma non si cerca veramente qualcosa o qualcuno. Infine, si rischia di perdere la propria casa che è stata abbandonata, senza avere una nuova dimora. La meta appare essere lo stesso cammino, che alla lunga potrà disperdere i passi e rendere incapaci di riconoscere il nuovo che si offre negli incontri.Il vagabondo è figura sostanzialmente solitaria. Difficilmente l’altro diventerà compagno di cammino, giacché al cammino manca una direzione.
- Esiste poi l’incedere del turista. Egli si muove ben volentieri; vuole conoscere; è curioso della realtà insolita. Cerca una discontinuità nel cammino ripetitivo della vita quotidiana. Il suo è un cammino, solitario o in compagnia, ben organizzato. Sa qual è la meta. È programmata. Tuttavia il suo cuore difficilmente si lascerà mutare interiormente. A meno che un imprevisto accada, che rimescoli le carte in tavola. Altrimenti, trascorsi i giorni previsti, si ritornerà alle cose solite. In attesa del prossimo viaggio. Per il turista, l’altro e l’altrove difficilmente sono tali, perché ricercati solo come benefiche distrazioni.
- Infine, c’è il camminare del pellegrino. Egli si muove per raggiungere una meta profondamente desiderata. Si muove portando in sé una domanda, una preghiera. Il pellegrino gusta ogni passo e ogni incontro nella prospettiva della meta, dove depositerà e affiderà alla Vergine, al Santo, le proprie speranze, i propri dolori e le gioie inaspettate. Anche quando si parte da soli, sulla via del pellegrinaggio, ci si accorge sempre di appartenere a un popolo di pellegrini; alla meta si arriva in compagnia. Ogni istante è relativo allo scopo e lo scopo dà senso a ogni passo compiuto. Il pellegrinaggio è il cammino che cambia la vita; da esso non si ritorna mai uguali. È il cammino che cambia il cuore e lo sguardo sulle cose solite, che acquistano così un colore nuovo.
- La Sacra Scrittura dice che dobbiamo essere «stranieri e pellegrini» (1Pt 2,11); lo stesso dirà san Francesco d’Assisi nella Regola Bollata (VI,1). Tanti hanno interpretato queste parole come un invito a estraniarsi dalla storia e dal mondo.
In realtà esse contengono la più grande risposta di Dio al cuore dell’uomo e alla sua sete di compimento. Avere la coscienza che la vita è un pellegrinaggio è il modo più vero per vivere ogni circostanza dell’esistenza.
L’essere in cammino dà il giusto peso alle cose e ci impedisce di aspettarci da esse quella felicità che ci può venire solo dall’incontro con Dio. Per il pellegrino e forestiero, ossia per l’uomo in cammino, tutto è segno e profezia della meta.