HOMO VIATOR - MANIFESTO per la V EDIZIONE FESTIVAL FRANCESCANO - Rimini, 25-27 settembre 2013

In cammino  
Manifesto scientifico della quinta edizione di Festival Francescano a cura di Suor Maria Gabriella Bortot, Remo Di Pinto OFS, Paolo Martinelli OFM capp, Francesco Patton OFM, Prospero Rivi OFM capp e Ugo Sartorio OFM conv.

Homo viator 
Il festival francescano di quest’anno vuole fare riferimento alla metafora del cammino per descrivere la condizione esistenziale di ogni uomo e di ogni donna.
Siamo esseri in cammino. Non siamo mai «arrivati». La vita porta in sé l’insopprimibile desiderio dell’altro e dell’altrove. L’esistenza chiede di uscire dalla propria terra e dalle proprie misure; non bastiamo a noi stessi per essere noi stessi: «l’uomo supera infinitamente l’uomo» scrisse il filosofo Blaise Pascal. L’uomo in cammino rivela la sua condizione incompiuta. Solo uscendo da se stessi, mettendosi in cammino, si incontrano gli altri, si possono creare legami e scoprire appartenenze, antiche e nuove.
Tutto ciò ha una straordinaria conferma nella società contemporanea. Il nostro tempo, infatti, è caratterizzato da una inedita mobilità, non solo a causa dei grandi movimenti migratori che stanno ridisegnando la geografia dei nostri Paesi, ma anche perché l’accelerazione che la società contemporanea ha impresso alle relazioni e nelle attività sta mutando la percezione umana del tempo e dello spazio. In un certo senso siamo tutti in continuo movimento. Abitare il mondo vuol dire oggi semplicemente attraversarlo, andando sempre oltre.
Ma non tutti i cammini sono uguali.
  • Esiste il passo del vagabondo, che vede come protagonista il camminatore senza meta e senza orientamento. Ci si muove, si lascia la propria casa, ma non si cerca veramente qualcosa o qualcuno. Infine, si rischia di perdere la propria casa che è stata abbandonata, senza avere una nuova dimora. La meta appare essere lo stesso cammino, che alla lunga potrà disperdere i passi e rendere incapaci di riconoscere il nuovo che si offre negli incontri.Il vagabondo è figura sostanzialmente solitaria. Difficilmente l’altro diventerà compagno di cammino, giacché al cammino manca una direzione.
  • Esiste poi l’incedere del turista. Egli si muove ben volentieri; vuole conoscere; è curioso della realtà insolita. Cerca una discontinuità nel cammino ripetitivo della vita quotidiana. Il suo è un cammino, solitario o in compagnia, ben organizzato. Sa qual è la meta. È programmata. Tuttavia il suo cuore difficilmente si lascerà mutare interiormente. A meno che un imprevisto accada, che rimescoli le carte in tavola. Altrimenti, trascorsi i giorni previsti, si ritornerà alle cose solite. In attesa del prossimo viaggio. Per il turista, l’altro e l’altrove difficilmente sono tali, perché ricercati solo come benefiche distrazioni.
  • Infine, c’è il camminare del pellegrino. Egli si muove per raggiungere una meta profondamente desiderata. Si muove portando in sé una domanda, una preghiera. Il pellegrino gusta ogni passo e ogni incontro nella prospettiva della meta, dove depositerà e affiderà alla Vergine, al Santo, le proprie speranze, i propri dolori e le gioie inaspettate. Anche quando si parte da soli, sulla via del pellegrinaggio, ci si accorge sempre di appartenere a un popolo di pellegrini; alla meta si arriva in compagnia. Ogni istante è relativo allo scopo e lo scopo dà senso a ogni passo compiuto. Il pellegrinaggio è il cammino che cambia la vita; da esso non si ritorna mai uguali. È il cammino che cambia il cuore e lo sguardo sulle cose solite, che acquistano così un colore nuovo.
  • La Sacra Scrittura dice che dobbiamo essere «stranieri e pellegrini» (1Pt 2,11); lo stesso dirà san Francesco d’Assisi nella Regola Bollata (VI,1).  Tanti hanno interpretato queste parole come un invito a estraniarsi dalla storia e dal mondo.
In realtà esse contengono la più grande risposta di Dio al cuore dell’uomo e alla sua sete di compimento. Avere la coscienza che la vita è un pellegrinaggio è il modo più vero per vivere ogni circostanza dell’esistenza.
L’essere in cammino dà il giusto peso alle cose e ci impedisce di aspettarci da esse quella felicità che ci può venire solo dall’incontro con Dio. Per il pellegrino e forestiero, ossia per l’uomo in cammino, tutto è segno e profezia della meta.


  • Itineranti, come Francesco ...

FESTA DI S. ROSA 2013 - programma del "Centro Studi Santa Rosa da Viterbo" - Viterbo 2013



CENTRO STUDI SANTA ROSA DA VITERBO

Festa S. Rosa da Viterbo, terziaria francescana

 
 ex voto

Mostra 31 agosto – 8 settembre presso il chiostro del monastero di Santa Rosa: Per grazia ricevuta. Le tavolette votive di santa Rosa

Gli ex-voto sono veri e propri atti di fede; sono modi di pregare, venerare e ringraziare Dio, la Vergine e i Santi patroni. Essi sono lo spontaneo tributo di riconoscenza per una grazia ricevuta.
Un tempo il monastero di Santa Rosa di Viterbo possedeva molti ex-voto e di vario genere, come attestato dal processo callistiano del 1457, ma gran parte di essi sono andati irrimediabilmente perduti.
La mostra intende esporre 41 tavolette votive di santa Rosa mai prima d’ora esposte in originale. Esse sono databili tra il xvii e il xx secolo e costituiscono non solo preziose testimonianze di culto e devozione ma anche esempi di arte popolare, di notevole interesse pittorico, artistico e antiquario.
S. E. R. mons. Lino Fumagalli inaugurerà la mostra.

Per maggiori informazioni sugli ex-voto
e il programma dei festeggiamenti clicca qui.

*** 

Conferenza 31 agosto ore 16:15 presso la Sala del Pellegrino

Alessandro Finzi: Immagini di santa Rosa nel mondo

Alessandro Finzi, già professore ordinario presso l’Università della Tuscia, ha numerose pubblicazioni scientifiche sul culto di santa Rosa in area ibero-americano. Recentemente ha condotto uno studio su un famoso capolavoro di Bartolomé Esteban Murillo, esposto al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, con il quale dimostra che il quadro rappresenta senza ombra di dubbio santa Rosa da Viterbo e non santa Rosalia da Palermo. Attualmente è il presidente del Centro Studi Santa Rosa da Viterbo.

***

Conferenza 4 settembre ore 17:00 presso la Sala del Pellegrino

A. Vauchez: Santa Rosa, una santa per la città

André Vauchez, studioso di chiara fama internazionale, è uno specialista di storia della santità e della spiritualità medievale. Già direttore dell’École française di Roma; presidente dell’Académie des inscriptions et belles-lettre; membro dell’Accademia nazionale dei Lincei; dell’Accademia romana di Archeologia; dell’Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique; già direttore della rivista Revue Mabillon; è membro del Comitato di garanzia del Centro Studi Santa Rosa da Viterbo.

*** 

Conferenza 5 settembre pomeriggio in collaborazione con la Fondazione Carivit

André Vauchez: San Francesco d’Assisi

***

Workshop 

 7 settembre 2013, h. 10.00

Centro Studi per la storia di santa Rosa, di Viterbo, della Tuscia


Interventi di:

Eleonora RavaFonti e materiali su santa Rosa da Viterbo. Il processo di canonizzazione di Rosa e le cronache del monastero di Santa Rosa
Vittorio FormentinDocumenti sul volgare della TusciaIl registro trecentesco di entrate e uscite del comune di Canepina.
Filippo SeddaLe pergamene di Vetralla. Lo statuto volgare del Monte di Pietà 

Conclusioni di Attilio Bartoli Langeli


Scopo del convegno è quello di valorizzare il ricchissimo patrimonio documentario – in gran parte ancora inedito e sconosciuto – conservato negli archivi della città di Viterbo e della Tuscia, e in particolare del monastero delle Clarisse di Santa Rosa. Le singole relazioni verranno introdotte dai responsabili degli archivi in cui sono custoditi i preziosi documenti.


postt promosso da "Squilla Francescana"

segnalto da: "Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani"
Via Merulana, 124  - 00185 Roma
Telefono 0670373528  - Fax 0670373604  - E-mail antonianumsssmf@ofm.org
Sito web http://www.antonianum.ofm.org

biografie - SAN LUIGI IX E LA MISURA DELL'AMORE ...


“ ...Era sottile e gracile, di una giusta magrezza e d’alta 
statura. Il suo volto era angelico e i suoi lineamenti pieni di grazia. Veniva verso la chiesa dei Frati Minori non in pompa regale, ma in abito da pellegrino...e non si preoccupava di avere un seguito di nobili ma preferiva essere accompagnato dalle preghiere e dai suffragi dei poveri...In verità lo si sarebbe detto piuttosto un monaco di fervida devozione, che un cavaliere armato per la guerra” (1).
Eppure, di guerre, Luigi IX ne aveva affrontate parecchie, alcune molto cruente, e ben due crociate, nella seconda delle quali egli stesso incontrò la morte.
Nato probabilmente nel 1214, il giorno 25 del mese di Aprile a Poissy ( Francia ), alla morte del padre, nel 1226, a soli 12 anni , il fanciullo diventò re col nome di Luigi (Ludovico) IX.
Nel 1234, all’età di 20 anni sposò Margherita, figlia primogenita di Raimondo Beringhieri V, conte di Provenza, che allora aveva appena tredici anni. Nel Medioevo un matrimonio d’amore, specie fra nobili, era privo di senso, ma Luigi amò sempre e rispettò profondamente Margherita da cui ebbe la gioia di undici figli (il primo dopo sei anni di matrimonio). Il re, come abbiamo detto, morì nel 1270 da crociato e martire della fede (anche se quest’ultimo aspetto non fu mai riconosciuto adeguatamente dalla Chiesa ). In verità la sua fama di santità era già affermata, ma dal 1223 in base alle nuove norme canoniche, essa non bastava più a consacrare “ ipso facto. La proclamazione di questa, dipendeva da un processo di canonizzazione effettuato presso la corte di Roma. Luigi IX  rispettò le nuove regole e compì miracoli non in vita ma dopo la morte e fu proclamato santo soprattutto per le sue virtù e la sua vita cristiana, con particolare riguardo a quella coniugale.
Per non cadere nella trappola agiografica delle figurine devozionali, mi preme sottolineare che Luigi IX non fu un santo che ebbe la sventura (!) di ritrovarsi re, ma piuttosto fu una grande figura umana che ebbe la grazia e la capacità e di assumere e di incarnare in sé i lineamenti del re giusto e valoroso (Davide), del re sapiente (Salomone) ed infine del re sconfitto sofferente ma santo (il Cristo).
Fu grande protagonista della storia del suo tempo, un periodo in cui la cristianità era un corpo, compatto con due teste, il Papa e l’Imperatore. Il ruolo del denaro negli scambi mercantili cresceva vertiginosamente e S.Luigi fu il primo re di Francia a battere una moneta d’oro, lo scudo. Ma al tempo stesso la sua attenzione per i poveri, le masse di contadini, le categorie deboli ed indifese lo indussero ad organizzare una forma già allora abbastanza valida di Welfare State. 


Oltre a promuovere la costruzione di cattedrali e monasteri, nel 1226 guidò la fase decisiva della crociata contro gli Albigesi e dopo che papa Gregorio IX ebbe introdotto l’Inquisizione nel 1233, S. Luigi fu il primo re di Francia a giustiziare gli eretici condannati da quel tribunale. Alla Chiesa, tuttavia, non risparmiò le critiche, se necessario, come quando, nauseato dalla ostentazione gratuita di ricchezze, fece sequestrare i beni temporali del Vescovo di Beavois, cioè le fonti del suo reddito non destinate alla sua funzione religiosa, rischiando per questo la scomunica. In ogni caso, pur rispettandola, egli ritenne sempre che la Chiesa non dovesse essere ricca.
In materia di morale e di eresie fu inflessibile. Memorabile il caso in cui fece marchiare a fuoco sulle labbra un bestemmiatore perché fosse punito in maniera esemplare. Anche i provvedimenti contro gli ebrei (in gran arte usurai) furono molto duri. Obbedendo ad un appello del Papa che ne aveva già discusso durante il IV Concilio Lateranense, emise un’ordinanza che imponeva loro di assistere alle prediche dei religiosi incaricati di convertire gli infedeli e portare il segno scarlatto di feltro o di panno sulle vesti come marchio d’infamia (un po’ l’antenato della stella gialla imposta dai nazisti). Seguirono confische e distruzioni del Talmud accusato di contenere bestemmie contro Gesù e la Madonna. Infine partecipò ad una prima crociata contro i musulmani nel 1248 conclusasi con una sconfitta ed una breve prigionia ed il suo ritorno in patria nel 1254.


Un cambiamento profondo avvenne in lui. una sorta di conversione ad una maggiore austerità. Certamente in Oriente S. Luigi non era andato a cercare gloria effimera ma il suo era stato concepito sin dall’inizio come un vero e proprio pellegrinaggio sulle tracce di Cristo. Luigi decise d’intraprendere una seconda crociata nel 1267. Sbarcato a Tunisi, l’esercito crociato fu colpito da un’epidemia di tifo o dissenteria e il re stesso, ammalatosi, morì il 25 agosto di quell’anno.
Come vedete ci troviamo di fronte ad un uomo che non reggerebbe certo il giudizio storico di correttezza guidato dall’orientamento della mentalità corrente. Eppure, anche se di questi tempi è bene essere “religiosamente corretti” sappiamo che tre elementi agirono con decisione in favore della sua canonizzazione: la fama ( “bona fama”, “vox populi” ), le pressioni della dinastia capetingia e quelle degli ordini religiosi da lui sempre amati come i Cistercensi, Domenicani e Francescani oltre naturalmente ai miracoli e al’indubbio riconoscimento dell’eroismo delle sue virtù cristiane.
Aggiungo per mera curiosità, che egli non fu canonizzato in quanto “Terziario Francescano “ anche se certamente lo fu, ma cooptato a posteriori nell’ordine a mo’ di Patrono come accadde pure ad Elisabetta d’Ungheria la cui causa non fu sostenuta inizialmente da francescani ma dal suo confessore Corrado di Marpurgo e dal Langravio di Turingia).
Molto note sono le raccomandazioni che Luigi IX lasciò al figlio Filippo come testamento spirituale. Ma a me piace ricordare ciò che egli scrisse ala figlia Isabella. Qui il re dice qualcosa di più profondo di ciò che ha confidato a Filippo. Questo personalmente mi basta per venerarne la santità. “La misura in cui dobbiamo amare Dio è amarlo senza misura.”(2)

                                                                                              Antonio Fasolo Ofs


(1)
- Frà Salimbene da Parma, Chronica.
(2) - La maggior parte delle notizie e i riferimenti storici sono tratti dal volume : Jacques Le Goff,  San Luigi - Ed . Einaudi 1996 - pp.812, 25/08/2000.  

ALTRI ARTICOLI SU LUIGI IX 

DOSSIER / 70mo ANNIVERSARIO DELlA MORTE DI FRANZ JSAEGERSTSAER, martire e padre di famiglia, del Terz'Ordine di San Francesco - Ordine Francescano Secolare



In occasione del 70mo anniversario della morte del beato Franz Jägerstätter pubblichiamo questo piccolo dossier in suo ricordo. Segnaliamo, innanzi ogni nostro contrinuto, questo LINK (in italiano) curato dalla diocesi di LINZ.

2013
70° ANNIVERSARIO DEL DIES NATALIS DI FRANZ JAEGERSTAETTER

Agosto 2013 / Franz Jägerstätter,
un martire della nonviolenza da conoscere

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L'OFS - ORDINE FRANCESCANO SECOLARE SU WIKIPEDIA: "DISARMATI MA TEMUTI !" di Marco Stocchi

FRANZ JAEGERSTAETTER NEL SUO TEMPO / di Claudio MagrisFranz Jägerstätter non aveva alcun desiderio di essere un eroe o un martire; era ben lieto di vivere con l’amata moglie Franziska e le sue tre figlie, Rösl, Maridl e Loisl, bambine fra i tre e i sei anni.
Era nato il 20 maggio 1907 a St. Radegund, nell’Alta Austria, non lontano da Braunau che aveva dato i natali a Hitler (...)da Il Corriere della Sera

IN RICORDO DI FRANZISKA JAEGERSTAETTER
Quest'anno - 70mo dalla morte di Franz Jaegerstaetter - l'incontro d'agosto è stato il primo nel qual non è stata presente Franziska, sua moglie, morta all'età di 100 anni lo scorso marzo: il primo post di questo dossier va dedocato a Lei, riproponendo un articolo di Marco Di Bla pubblicato su Messaggero Veneto nella rubrica "Austria vicina".

FRANZ JAEGESTAETTER, OBIETTORE DI COSCIENZA / contributi
Franz Jägerstätter, membro del Terz’Ordine di San Francesco d'Assisi, è stato un profeta lungimirante nel riconoscere la barbarie del nazionalsocialismo che voleva strappare Dio dal cuore degli uomini e alimentava il razzismo, l'ideologia della guerra e la deificazione dello Stato.


FRANZ JAEGERSTAETTER - Bibliografia


Agosto 2013
Franz Jägerstätter, un martire della nonviolenza

Vatican Insider - Il 9 agosto 1943, presso il funesto carcere del Brandeburg an der Havel a Berlino – lo stesso dove furono uccisi il pastore luterano Dietrich Bohnöffer e il prete cattolico Max Joseph Metzger - veniva ghigliottinato Franz Jägerstätter, uno dei testimoni della resistenza non violenta a Hitler. Venne proclamato beato, e accolto nel novero dei martiri della fede, nel 2007 nel duomo di Linz in Austria, sua terra natale (la sua memoria liturgica è fissata al 21 maggio, giorno della beatificazione, voluta da papa Benedetto XVI)

Da 70 anni la figura del contadino-sagrestano di St. Radegund, poco a nord di Salisburgo, che si è rifiutato di arruolarsi nelle file naziste, pagando con il carcere e la vita, è un monito contro la guerra e la violenza per tanti giovani cattolici e non del mondo mitteleuropeo, ma è assai conosciuta anche in Irlanda e Regno Unito, molto meno in Italia, ad eccezione del Trentino-Alto Adige dove ha preso il via il Gruppo Jägerstätter Italia, grazie all’impegno di un sociologo, Giampiero Girardi, già coordinatore del Gruppo Obiettori di coscienza Caritas, un gruppo che vanta aderenti in aumento un po’ in tutto il Paese.

Le tradizionali iniziative di memoria quest’anno si preannunciano all’insegna di una maggiore intensità: il 2013 nell’ambito germanofono era già definito l’Anno degli  In occasione del 70mo anniversario della morte del beato , da una parte per via del 70esimo anniversario del martirio, dall’altra per il 100° compleanno, lo scorso 4 marzo della vedova Franziska che viveva con una delle loro 3 figlie, Maria. Ma Franziska, è morta neanche 2 settimane dopo, così questo anniversario assume per la prima volta il significato di una duplice memoria: la scelta estrema di Franz non avrebbe potuto compiersi infatti senza il coraggio e la forza, che solo la fede poteva fornire, della moglie Franziska, trentenne e ben consapevole di restare sola, dopo 7 anni di matrimonio, con 3 figlie piccolissime. Contro tutto e tutti, compresa la madre di lui e alcuni preti, i due sposi, terziari francescani dal 1940, confidando nella Provvidenza divina, hanno compiuto l’unica scelta per coerente all’essere cristiani, in ascolto della propria coscienza, della Scrittura e del magistero.

“Non si può essere contemporaneamente cristiani e seguire il nazionalsocialismo: ci sono dei momenti in cui bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”, aveva scritto Franz la sera prima di presentarsi alla caserma di Enns il 2 marzo 1943 dopo aver ricevuto la cartolina di richiamo alle armi. Incarcerato nell’ex convento delle suore Orsoline, il 6 luglio veniva condannato a morte per renitenza alla leva dal tribunale di guerra di Berlino e il 9 agosto veniva eseguita la pena capitale.

In occasione dell’anniversario Pax Christi internazionale, che li definisce “operatori di pace” ha scritto: “In questo Anno della fede, Franz e Franziska sono fra i testimoni più importanti e credibili della nostra fede. Siate certi che continueremo a condividere la loro storia con altri, per incoraggiare le nuove generazioni a imparare da questa fede profonda e  dalla loro testimonianza al Vangelo della pace e della nonviolenza”.

Le celebrazioni più significative si terranno quest’anno a Berlino, una presso l’Österreichischen Kulturforum e altra in collaborazione con la parrocchia della SS.Trinità: due gli interventi della storica, e anche sua biografa, Erna Putz sul tema “Franz & Franziska Jägerstätter – La ricezione di due figure scomode“ e “La nascita e il divenire di una decisione“: la figura del martire infatti ha fatto discutere per anni i suoi compatrioti ed ex militari della Wehrmacht (ma la beatificazione del 2007 ha reso evidente il riconoscimento dell’eroismo del martire anche da parte della Chiesa), mentre sulla sua vita sono state composte numerose opere teatrali, di cui l’ultima, di Felix Mitterer, va in scena in questi giorni ad Haag. La fede e la tenacia della vedova Franziska hanno saputo fare il resto con la pubblicazione delle sue Lettere, il racconto della sua vita, la ferrea volontà di mantener viva la memoria del marito.
 
Pax Christi Austria invita invece alle celebrazioni presso la parrocchia di St. Radegund (diocesi di Linz) sede della tomba dei due coniugi, dove fino a 2 anni fa Franziska incontrava i partecipanti e offriva la sua testimonianza (solo scorso anno le condizioni di salute gliel’hanno impedito).
 
Anche a Londra, promossa da Pax Christi come da tradizione, è prevista una celebrazione nel pomeriggio, alle 16.00 ora della morte del beato Franz, presso la cattedrale di Westminster.

articolo di  Maria Teresa Pontara Pederiva
Vatican Insider - La Stampa / 9 agosto 2013
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DOSSIER 2007
"NEI GIORNI DELLA BEATIFICAZIONE"

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Dopo l’esecuzione il corpo del povero Franz fu cremato e l'urna rischiava di essere smarrita nel cimitero di guerra. Le suore che prestavano assistenza ai carcerati, avendo riconosciuto il valore di quel condannato, fecero crescere una pianta di rose nella terra dove lui giaceva, per poterne riconoscere l'urna alla fine della guerra. Così avvenne e la sua sepoltura oggi duo essere onorata nel piccolo cimitero di St. Radegund.

Testimonianze:
FRANZ JAEGERSTSAETTER "CI HA SEMPRE SCONFITTI CITANDO LE SCRITTURE" (Josef Karobath, parroco) 
In un’intervista a “Radio Vaticana”, il postulatore della Causa di Beatificazione, Andrea Ambrosi, ha ricordato icone il suo parroco, Josef Karobath, usciva dai colloqui con Franz “ammutolito” nel sentire le citazioni delle Sacre Scritture che faceva per motivare la sua posizione etc.
FLORILEGIO DI TESTIMONIANZE

Testimonianze:
Mao Valpiana del Movimento Nonviolento (2007)
Sara' pure una coincidenza, ma Franz Jaegerstaetter e' nato nel 1907 (cent'anni fa), proprio l'anno in cui Gandhi "inventava" il suo primo Satyagraha in Sudafrica, cioe' un movimento basato sulla forza della verita', destinato a coniare la nonviolenza moderna.
Sara' pure una coincidenza ma Franz e il satyagraha sono nati insieme... A volte conviene crederci alle coincidenze... Ora sappiamo dalla Chiesa che Franz Jaegerstaetter fu un perfetto cristiano..
RIFLESSIONE SUI CAMPI DI CONCENTAMENTO, L'OBIEZIONE DI COSCIENZA ...

FRANZ JAEGESTAETTER, OBIETTORE DI COSCIENZA / contributi

Franz Jägerstätter, membro del Terz’Ordine di San Francesco d'Assisi, è stato un profeta lungimirante nel riconoscere la barbarie del nazionalsocialismo che voleva strappare Dio dal cuore degli uomini e alimentava il razzismo, l'ideologia della guerra e la deificazione dello Stato.


1.

(2007) - Franz Jägerstätter, contadino austriaco nato a St Radegund nel 1907 da una famiglia di poveri contadini. Franz lavora fin da giovane per poter contribuire al bene della famiglia, prima come contadino e poi come minatore.
Scrivendo a un cugino sottolinea l'importanza di una formazione civile e religiosa. "Già a scuola abbiamo imparato che l'uomo ha un intelletto e una libera volontà; ed in particolare dipende dalla nostra libera volontà se vogliamo diventare felici o infelici. Tu sai anche che , se vuoi tirar su un alberello per farlo diventare forte e bello, bisogna dargli un buon sostegno, affinchè il vento non lo possa piegare o spezzare".
Giovane vivace, avventuroso, dinamico trova nel matrimonio con Franziska Schwaininger un momento decisivo e fortunato di maturazione religiosa e civile.
Dal 1940 inizia il periodo militare con un duro addestramento. Periodo che lo porterà a una scelta coraggiosa.
Thomas Merton in un suo libro sintetizza così la vicenda: "il 9 agosto 1943 il contadino austriaco Franz Jägerstätter fu giustiziato dalle autorità militari tedesche quale "nemico dello stato" perché aveva ripetutamente rifiutato di prestare il giuramento militare e di combattere in quella che egli dichiarava essere una "guerra ingiusta".
Cattolico, obiettore di coscienza con la sua vita ha voluto controbattere ogni argomento "cristiano" a favore della guerra e della violenza. Fu trattato da ribelle, disubbidiente all'autorità legale, da traditore della patria. Fu accusato di essere egoista, ostinato, di non considerare la sua famiglia e di trascurare il proprio dovere verso i figli, di ricusare la propria fede, di non praticare la virtù cristiana e l'apostolato del buon esempio. Il contadino non si arrese a nessuno di questi argomenti.
Franz Jägerstätter anzi rispose: "Il giudizio lasciamolo a Dio, noi non abbiamo né il diritto di condannare nè quello di assolvere. Io non sono del parere dei molti che ritengono che il singolo soldato non è responsabile di tutto ciò che succede e addossano la responsabilità a uno solo, Hitler. Io devo fare la mia parte!".
Sappiamo che il vero problema sollevato dalla vicenda di Franz Jägerstätter non è solo quello del diritto individuale del cattolico all'obiezione di coscienza, ma è il problema della missione della chiesa (ieri e ancora più oggi): "di protesta e di profezia nella più grave crisi spirituale che l'uomo abbia mai conosciuto", come ci ricorda Thomas Merton.

Pax Cristi Italia

(2013) SPECIALE PAX CHRISTI ENGLAND NEL 70 ANNIVERSARIO DEL MARTIRIO DI FRANZ JAEGERSTAETTER / LINK


2.



H. ARENDT :  RESPONSABILITA’
E GIUDIZIO SOTTO LA DITTATURA
(…) la domanda da rivolgere a quanti parteciparono e obbedirono agli ordini non e' tanto "Perché hai obbedito?", quanto "Perché hai dato il tuo sostegno?".
L'importanza di questa piccola sfumatura semantica non sfuggirà a coloro che conoscono lo strano e potente influsso che semplici "parole" possono esercitare sulla mente degli uomini - uomini che sono sempre in primo luogo animali parlanti.
Ne trarremmo tutti un gran profitto se riuscissimo a eliminare per sempre il dannoso termine "obbedienza" dal nostro vocabolario politico e morale. Se riuscissimo a farlo, potremmo forse riacquistare un po' di fiducia in noi stessi e magari pure un po'd'orgoglio.
Potremmo insomma riacquistare in parte ciò che un tempo chiamavamo la nostra dignità di esseri umani - che non e' magari dignità del genere umano nel suo insieme, ma e' comunque dignità dell'essere
umano.
Hannah Arendt, in  Responsabilità e giudizio, Einaudi, Torino 2004, p. 40.

Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualità e in difesa dei diritti umani; morì a New York nel 1975.


3.


Dietrich Bonhoeffer

(Breslavia, 4 febbraio 1906
Flossenbürg, 9 aprile 1945)
è stato un teologo luterano tedesco
protagonista della resistenza al Nazismo.





















Pochissimi cattolici e protestanti ebbero il coraggio, in contrapposizione alle loro gerarchie, di rifiutare il servizio militare nell'esercito di Hitler.
Come si può apprendere dal libro di Erna Putz, teologa cattolica, quest'uomo dovette lottare non solo contro i nazisti ma anche contro il clero del suo tempo fece di tutto per mettere a tacere gli appelli della sua coscienza.

"Ancora dopo la fine della guerra, il vescovo della diocesi di Jagerstatter, J. C. Fliesser, commentando i motivi per cui aveva impedito la pubblicazione di un articolo in cui si esaltava il comportamento del suo correligionario affermava: 'Considero veri eroi quei giovani, teologi, sacerdoti e padri cattolici che, nell'eroico adempimento del loro dovere e nella convinzione profondamente radicata di fare la volontà di Dio, ognuno all'interno del proprio ruolo, hanno lottato e sono caduti per questo, come un tempo i soldati cristiani nell'esercito dell' imperatore pagano. O i veri eroi sono i testimoni di Geova e gli avventisti che 'coerentemente' hanno preferito morire nei campi di concentramento piuttosto che impugnare le armi? Tanto di rispetto per una coscienza che è innocentemente errata; troverà misericordia presso Dio (...) Per costui, come per la stragrande maggioranza del clero delle chi  veri eroi erano quanti avevano sacrificato la propria vita nella guerra di Hitler, non coloro che, come Jagerstatter, avevano seguito gli stimoli di una coscienza "innocentemente errata' ".

  Estratto da "Franz Jagerstatter. Un contadino contro Hitler"
  di Erna Putz,  p. 193, Berti Editrice. 2000.

a cura di Marco Stocchi, ofs