31 gennaio 2012 / Festa della Beata Ludovica Albertoni

In occasione della festa della beata Ludovica Albertoni , compatrona della città di Roma e dell’OFS romano, gli scorsi anni abbiamo avuto modo d’illustrare ampiamente i caratteri della sua figura di donna del suo tempo e modello di virtù per i cristiani, soprattutto per noi che viviamo “nel mondo”  a stretto contatto con i problemi della vita della “città” e in questi tempi di crisi, possiamo aggiungere, di  stessa sussistenza economica.
Assistiamo schiacciati dalla paura all’ erosione dei diritti di lavoratori e cittadini, condannati ad un’esistenza precaria, dove il dio-mercato ha preso la centralità di ogni scelta politica, cancellando la centralità dell’uomo.
Si è persa la capacità di immaginare un futuro per l’Europa che non sia un calcolo da contabili.
La fortuna dell’originario Ordine francescano fu proprio questo suo saper intercettare, e condividere le inedite dinamiche della societas del proprio tempo, inizialmente quello del passaggio dal feudalesimo delle campagne alla rinascita delle città dell’età dei Comuni.  Un  legame con la polis che nel susseguirsi dei secoli ha avuto momenti significativi, altri dissonanti dettandone la maggiore o minore fortuna tra il popolo cristiano ed incisività nella storia del proprio tempo.
Della presenza dei frati francescani a Roma - in questo numero di Squilla - Maria Rosaria ci propone un “viaggio” conoscitivo in quella chiesa e convento di San Francesco a Ripa, che la tradizione costruito sul luogo ove dimorò san Francesco ed è anche  sede del sepolcro della nostra protettrice la beata Ludovica Albertoni.
Il sarcofago, opera del Bernini, è meta di numerosi turisti (purtroppo, più che di pellegrini!) per la bellezza dell’opera, che pure appare troppo sfarzosa per la sensibilità francescana, ma insieme ci testimonia la considerazione che i cittadino romani provavano verso questa santa donna. E la nostra, che ogni anno non manchiamo a tributarle un piccolo omaggio dalle colonne di Squilla.                                                  
                                                            Marco Stocchi, ofs
La beata Ludovica Albertoni nel 1506 a 32 anni,
rimase vedova ed entrò nel Terz’Ordine francescano,
prendendo a vivere una vita tutta dedicata
alla preghiera, meditazione, penitenza
e opere di misericordia,
come quelle di dare una dote per maritare le ragazze povere
 o la visita ai poveri ammalati nei loro miseri tuguri.
Con la sua generosità diede fondo a tutti i suoi beni, 
fra la contrarietà dei parenti per tanta liberalità.
 Il Signore le diede il dono dell’estasi. 

La chiesa di San Francesco a Ripa Grande


Questa chiesa è la prima, dopo quella di Assisi, dedicata al Santo, per decreto del papa Gregorio IX, a spese della nobildonna amica di Francesco Jacopa de’ Settesoli.  Sorse su quello che era una volta l’Ospedale di san Biagio.
Nel 1212 il Poverello era venuto a Roma per recarsi dal pontefice Innocenzo III e fu in quell’occasione che Jacopa conobbe il santo e si adoperò affinché questi ottenesse dall’abate di san Cosma, detto Cosimato, posto nella regione trasteverina, un ospizio (di san Biagio) nel vicino ospedale sulla riva del Tevere per i frati che venivano a Roma. Francesco tornò nella nostra città altre quattro volte.

Al 1229 risale la Bolla “Cum Deceat Vos” di papa Gregorio IX con cui l’ospizio di san Biagio e relativa cappellina passa dai Benedettini di san Cosimato ai Frati Minori. Nello stesso anno, il conte Pandolfo dell’Anguillara fece demolire l’antica cappellina e vi fece edificare una chiesa a tre navate coperta di semplice tetto, affrescata da Pietro Cavallini con scene della vita del Signore e di san Francesco. Questa chiesa, però non c’è più: fu demolita nel 1682, quando fu costruita quella attuale, con il lascito del cardinale Lazzaro Pallavicini.

vedi nota


Nella Sacra Cella è possibile ammirare uno splendido altare ligneo in radica di noce, opera dello scultore francescano fr. Bernardino da Jesi e dalla sua scuola. Il cardinale Ranuccio Pallavicini offrì una cospicua collezione di reliquie, ingegnosamente custodite all’interno dell’altare: ruotando il meccanismo interno, le superfici dell’architettura ostendono l’intera raccolta di reliquie, poste in preziose teche argentee. Incastonata nella geniale struttura, spicca la splendida pala attribuita all’ambito di Margheritone d’Arezzo (sec. XIII) raffigurante il ritratto di san Francesco; gli fanno da corona due interessanti tavole ‘300esche che rappresentano s. Antonio da Padova e Ludovico da Tolosa, figli illustri dell’Ordine Serafico.
Chiude la ricca decorazione pittorica, la raffigurazione della Vergine Annunziata e dell’Angelo Annunziante, opere del tardo ‘600 romano dalla forte vigoria plastica e dalle morbide cromie.
In fondo alla cappella dell’Immacolata Concezione (navata di sinistra), attraverso due porticine si accede a una saletta dov’è sepolto il pittore Giorgio De Chirico.

Nella chiesa di san Francesco a Ripa riposa il corpo di san Carlo da Sezze, fratello laico dell’ordine dei Frati Minori, annoverato nella schiera dei mistici francescani, che fu sacrestano in questa chiesa. Su richiesta, è possibile visitare il museo a lui dedicato.

Notevolmente bella è la scultura, ultima del Bernini (1675), raffigurante l’estasi della Beata Ludovica Albertoni. Questa santa visse e operò a Roma in tempi calamitosi, dal 1473 al 1533, madre dei poveri e benefattrice degli orfani.  E’ compatrona della nostra città.



Gli affreschi dei peducci, alla base della volta, sono di autore sconosciuto e rappresentano le quattro sante romane Cecilia, Agnese, Francesca Romana e Ludovica Albertoni.
                         Maria Rosaria Cavuoti, ofs

Nota: Le chiese francescane spesso presentano - come in questo caso - la presenza di altari lignei, invece che marmorei, dato il voto di povertà, elemento centrale nella spiritualità dell'Ordine minoritico. In questo caso, c'è una curiosità: quest'altare, che conserva le reliquie della chiesa trasteverina, è costituito da elementi girevoli, a scomparsa, voluti per proteggere i reliquiari da eventuali furti!